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autore
brano
 
Cicerone
De Natura Deorum, I, 37
 
originale
 
[37] Cuius discipuli Aristonis non minus magno in errore sententiast, qui neque formam dei intellegi posse censeat neque in dis sensum esse dicat dubitetque omnino, deus animans necne sit. Cleanthes autem, qui Zenonem audivit una cum eo, quem proxime nominavi, tum ipsum mundum deum dicit esse, tum totius naturae menti atque animo tribuit hoc nomen, tum ultimum et altissimum atque undique circumfusum et extremum omnia cingentem atque conplexum ardorem, qui aether nominetur, certissimum deum iudicat; idemque quasi delirans in his libris, quos scripsit contra voluptatem, tum fingit formam quandam et speciem deorum, tum divinitatem omnem tribuit astris, tum nihil ratione censet esse divinius. Ita fit, ut deus ille, quem mente noscimus atque in animi notione tamquam in vestigio volumus reponere, nusquam prorsus appareat.
 
traduzione
 
37. Non meno erronea la teoria del suo discepolo Aristone il quale ritiene che la forma della divinit? supera la nostra facolt? intellettiva, esclude che gli d?i possano avere sensazioni e non ? ben certo se la vita sia un elemento veramente essenziale della natura divina. Cleante, discepolo di Zenone al pari di quello di cui abbiamo appena parlato, ora identifica la divinit? coi mondo, ora assegna questo nome allo spirito di cui sarebbe permeata la natura, ora designa con assoluta certezza come dio quella fascia dall'intenso calore collocata agli estremi confini dell'universo che cinge e racchiude in s? la totalit? del mondo cui viene dato il nome di etere. E' poi lo stesso a delineare, quasi in preda ad una sorta di follia, nel suo trattato Contro ?l piacere, una ben definita immagine sensibile degli d?i o ad accentrare negli astri tutta l'essenza divina o a ritenere che nulla sia pi? divino della ragione. Ne viene di conseguenza che quel dio di cui noi abbiamo contezza merc? la nostra intelligenza e del cui concetto desideriamo far tesoro imprimendolo nel nostro intimo non assume mai una reale consistenza.
 

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